a tu per tu con Silvia
Il paese della creatività: così è da sempre identificata l’Italia nel mondo. I suoi successi in alcuni settori merceologici – come ad esempio quello della moda e del design – sono stati spiegati con l’intraprendenza e il carattere creativo dei suoi cittadini.
Le caratteristiche dinamiche dell’imprenditorialità nel “paese del sole e del bel canto” hanno creato una fama mondiale per alcuni prodotti artigianali Made in Italy. Forse non tutti sanno però che il settore cosmetico è il terzo esportatore più importante italiano dopo l’abbigliamento e i vini, e prima della pasta, degli occhiali, yacht di lusso e delle moto. Stiamo parlando di un settore in continuo movimento, in cui convivono numerose marche di vario genere: dai brand storici e dallo sviluppo consolidato a brand nuovi che si stanno espandendo (entrambi favoriti anche dalla crescita delle vendite online).
I dati sui consumi di cosmetici raccolti negli ultimi anni, infatti, parlano chiaro: siamo di fronte a un costante incremento generale del mercato, grazie all’innovazione e a prodotti sempre più funzionali ad ogni esigenza. Aumentano pure le esportazioni, segno che il paese della creatività ha saputo esprimere nel campo cosmetico tutto il suo potenziale di capacità tecniche e fantasia, riducendo a imporsi sulla scena internazionale. Colpisce in particolare il primato dei prodotti da trucco: oltre il 60% del make-up di tutto il mondo è Made in Italy! Probabilmente l’accostamento nelle vendite con famosi marchi della moda ha contribuito allo sviluppo di questo settore, come è avvenuto – in parallelo – a quello della profumeria alcolica, dove nuove fragranze legate al nome di stilisti famosi vengono continuamente immessi sul mercato.
La creatività è un importante fattore di adattamento, implica conoscenza e competenze, talento e tenacia; serve per ottenere risultati di valore e per sviluppare l’innovazione, che mantiene competitive le imprese (e di conseguenza le nazioni). Ragionando di creatività, alcune fasi caratteristiche dello sviluppo dell’industria cosmetica possono essere simboleggiate con delle analogie. Come l’uomo primitivo trovandosi a vivere sotto la minaccia dei cataclismi pensava solo a sopravvivere, la fase iniziale dell’industria della bellezza ha privilegiato i prodotti di prima necessità, ben rappresentati in questo caso da quelli detergenti, tipo shampoo o dentifricio: prodotti alla base della vita in comune degli individui.
Quando si passa a un periodo di benessere dove al contrario ci sentiamo fisicamente protetti, regna invece la curiosità. Si ritrova allora nella società lo stesso spirito che guida gli adolescenti quando si lanciano nella vita verso nuove esperienze, protetti dai genitori. È il momento della comparsa sul mercato di prodotti dagli aspetti giocosi e di divertimento, come ad esempio quelli da trucco.
Dopo la fase di crescita, spontaneamente, arriva però la necessità di una “ricostruzione intellettuale”, per dare senso e significato a ciò che abbiamo compreso e permetterci di comunicarlo agli altri. È a quel punto dell’esistenza che, diventando adulti, si pone ordine e si costruisce saldamente il nostro vivere civile. Per analogia abbiamo nel mondo cosmetico il periodo in cui si progettano e si mettono sul mercato prodotti da trattamento ad elevata efficacia, con una razionalità chiara e ben indicata. Il recente successo di alcuni prodotti potrebbe indicare che, in questa fase di maturazione, siamo arrivati proprio a questo punto: cioè alla completa e indipendente capacità di sviluppo di cosmetici ad alta tecnologia e performance. La transizione a questa fase appare chiara quando consideriamo la comparsa di alcune informazioni particolari negli annunci pubblicitari, come i risultati dei test di efficacia, oppure immagini legate al concetto di controllo qualità; elementi che provengono da settori dell’industria – come quello della ricerca o della produzione – normalmente poco a contatto con il consumatore.
La messa a punto di prodotti di bellezza ad alta tecnologia va di pari passo con la crescita dell’importanza della comunicazione nel settore cosmetico. Questo non è un aspetto solamente formale, ma possiede numerosi risvolti pratici. Negli ultimi anni in Italia abbiamo infatti assistito allo sviluppo della corporate identity , quell’area della comunicazione d’impresa che si prefigge di stabilire e veicolare l’identità, i valori e la missione complessiva di un’azienda, e che va ben oltre i prodotti e servizi venduti. Non solo l’aspetto tecnico, ma anche il messaggio eco-friendly è stato trasmesso in modo coerente e intenso da parte di alcune case produttrici italiane, e ha contribuito a distogliere definitivamente il mondo cosmetico da pregiudizi che ancora lo rappresentavano come “vanitoso” o peggio “nocivo alla natura e all’ambiente”.
In questo momento, nel nostro paese, appare chiaro come non sia solo l’industria a trarre vantaggio da tale nuovo modo di presentare i cosmetici. Il tecnico cosmetologo può, ad esempio, tramite un’informazione accurata, vedere il proprio lavoro riconosciuto e così premiati i propri sforzi di formulazione. I massmedia possono trarne nuove idee e argomenti per interessare il pubblico che, nel caso del consumatore, richiede sempre più un descrizione veritiera dei prodotti che sta utilizzando. Foglietti illustrativi, brochure, cartelle stampa, articoli redazionali sono tutti mezzi fertili per consolidare e rilanciare un’industria creativa e scientifica al tempo stesso.
Per poter trasmettere un messaggio cosmetico nel migliore dei modi bisogna ricordare che la comunicazione nel campo della bellezza prende forma principalmente sotto la spinta di tre forze: il marketing, l’etica scientifica e la legislazione. Ognuno di questi campi possiede le sue regole precise. Comprenderle bene porta a una migliore integrazione delle informazioni e quindi a un aumento della percezione di qualità totale del prodotto. La pubblicità è fondata sul principio che non si compra ciò di cui si ha bisogno oggettivamente, ma ciò che si pensa ci farà stare bene. Da qui la tendenza a “colorire” alcuni aspetti del prodotto, talvolta in modo eccessivo. Ma non dobbiamo vedere il messaggio pubblicitario solo come ingannevole, una strategia di marketing infatti può (e dovrebbe) essere anche propositiva: la parola scritta, in particolare, possiede un immenso potere formativo. Generando dei veri e propri valori nel pubblico, motiva più in profondità gli acquisti e aumenta il volume delle vendite in modo duraturo.
Per fare questo il mondo pubblicitario può anche utilizzare la forza morale che è presente nell’etica dell’informazione scientifica, il secondo polo della comunicazione in campo cosmetico. Le sue regole fondamentali sono: niente informazioni parziali, inesatte, incontrollate o tantomeno false. Evitare facili sensazioni, allarmi o, peggio, speranze illusorie. Non dettare valori e comportamenti, ma dare al lettore solo nuove conoscenze. Nella comunicazione e divulgazione, l’informazione scientifica possiede delle regole tecniche particolari: utilizza metafore e analogie per mediare le immagini della scienza con il senso comune. Il suo limite è che nel processo di semplificazione si possa arrivare al superficiale e troppo ovvio; la banalità comunica solo il già noto, senza alcuna informazione in più. Da alcuni anni, infine, le autorità di molti paesi influenzano la comunicazione cosmetica; in Europa, ad esempio, la Commissione Europea ha stabilito criteri comuni per la giustificazione delle dichiarazioni o claims che possono essere utilizzati per i prodotti cosmetici (stabiliti dal Regolamento UE 655/2013). Così accade anche in Italia, tramite il Ministero della Salute (secondo i principi determinati dal Codice del Consumo in tema di pubblicità) e, soprattutto, i gruppi di autodisciplina pubblicitaria che regolano le affermazioni sui prodotti di bellezza.
Il mondo del cosmetico italiano che sempre più si sta delineando sotto i nostri occhi è ricco di potenzialità: per tutti coloro che operano nel settore è importante non pensare di trovarsi a un punto troppo avanzato rispetto alle attese della gente comune. La sensibilità del consumatore – disorientato da una sovrabbondanza di stimoli – ai messaggi trasmessi, è tale che in questo periodo storico risulta molto facile influenzare il pubblico creando un’opinione. È suggerendo le cose che le si fa accadere poi realmente: così, è proponendo nel modo corretto al pubblico dei prodotti innovativi che si colpisce e si forma un mercato su gusti nuovi. L’idea rigida che un bene di consumo debba semplicemente essere creato su misura della cultura, delle abitudini e degli stili di vita di un consumatore oggetto/target, appare oggi da rivedere. Anche in considerazione del fatto che “le modalità di acquisto sono mutate radicalmente ad ogni livello di prodotto e di canale, evidenziando nella distribuzione il fenomeno sempre più diffuso della non-canalità ” (dal Beauty Report 2019 di Cosmetica Italia). Quanti cosmetici progettati su un modello preesistente appaiono, dopo poco tempo dall’immissione in commercio, vuoti, banali, sgonfi di carica emotiva? È il momento di essere propositivi!