In questi anni di riscoperta dell’olfatto e delle essenze, conoscere meglio il mondo dei profumi può essereinteressante per tutti coloro che si occupano di bellezza..
ioriti, ozonici, astratti, speziati, fougère… Per coloro che non sono strettamente “addetti ai lavori” c’è da perdere la testa dietro a tante definizioni! Anche chi ha meno dimestichezza con lavanda e vetiver, piuttosto che con ylang-ylang e bergamotto, sente il fascino delle fragranze e la necessità di conoscerle più a fondo. Invece spesso diamo solo una veloce annusata, giudicando frettolosamente: “mi piace” o “non mi piace”. Senza pensare a tutte le conoscenze tecniche e gli sforzi di creatività che si nascondono dietro ai quei lucenti flaconi. Conoscere la storia dei profumi è fondamentale per capire meglio, e quindi poter gustare appieno, questo mondo circondato da un affascinante alone di lusso.
DALLE ORIGINI AI DERIVATI SINTETICI
Una grande donna della storia, Caterina de’ Medici, accompagna tradizionalmente la nascita della profumeria moderna. Perché? Cosa ha a che fare con le fragranze quella sposa bambina, colta e raffinatissima, che partì da Livorno diretta verso le rive francesi per diventarne la regina? Semplicemente, portò con sé una particolare abitudine di quell’elegante corte fiorentina: l’usanza di profumare i guanti che, a causa dei processi di concia di quei tempi, non odoravano certo di buono. La sua nuova patria, la Francia, accettò quest’uso facendolo diventare di moda. In una città del sud, in particolare, vi erano le condizioni ideali per la coltivazione delle piante essenziere: era Grasse. Nasceva così Oltralpe la profumeria moderna. Da allora, nel ‘500, e per alcuni secoli, la profumazione rimase molto semplice: era essenzialmente costituita dalle acque di colonia, con note trasparenti di fiori e agrumi, e dai bouquet composti da pochi oli e infusi floreali miscelati tra loro in modo sobrio e armonico.
Attorno al 1880, alcuni piccoli cambiamenti anticiparono un’inversione di rotta. La delicatezza, pur rimanendo sinonimo di buon gusto, non era più un valore assoluto. Le fragranze cominciarono a diventare più forti e persistenti. Questo avvenne probabilmente per reazione al crescente anonimato delle grandi città, in particolare di Parigi, culla della profumeria d’alta classe. La composizione diventò a mano a mano più complessa: in quel periodo era di moda aggiungere tocchi contrastanti di muschio, vaniglia, iris o legno di sandalo alle delicate composizioni floreali e agrumate fino ad allora in voga. Anche i nomi iniziarono a cambiare: comparvero provenienze esotiche tipo Rosa di Siria o Violetta di Damasco.
Proprio in quegli anni lo sviluppo della sintesi chimica arricchì la scelta delle materie prime dei creatori di fragranze, e i nuovi derivati sintetici furono utilizzati per raggiungere straordinari effetti conturbanti, impossibili da ottenere usando i soli derivati vegetali. Il profumiere, che per anni aveva interpretato solo variazioni su temi tradizionali, cominciò a diventare, grazie alla propria creatività, una specie di creatore di moda, se non un vero e proprio artista. I nomi delle creazioni di quel periodo si riferivano ancora alla natura, ma in un modo magico e fantasticamente poetico (Narcisse noir, 1911 e Après l’ondée, 1906) e il mondo dell’opera faceva sognare la borghesia (Mitsouko, 1919). Si consolidava nel frattempo la nuova estetica basata sul contrasto invece che sull’armonia. Note secche verdi e legnose cominciarono ad essere usate assieme a fragranze intense di fiori tropicali, la freschezza degli agrumi ad accompagnare note calde di balsami e vaniglia, l’innocenza dei fiori primaverili mescolata a fragranze intense e seducenti come muschio e civetto. La sofisticata armonia della creazione artistica iniziava a rimpiazzare, quindi, i semplici accordi della natura: la strada era aperta per il gran passo.
L’INFLUENZA DELL’ARTE
Siamo agli albori degli anni Venti, a Parigi emergevano correnti artistiche nuove: imperava il cubismo di Picasso, Mondrian diffondeva in Francia le idee moderniste del movimento “De Stijl”. In questa scia d’astrattismo artistico il lancio di Chanel N°5 (1921) aprì una nuova era nell’estetica della profumazione. Fu infatti il primo profumo astratto, ovvero in cui predominava una nota non presente in natura. Precisamente l’odore pungente e lussuoso delle aldeidi a catena lineare, comprendenti da 9 a 12 atomi di carbonio. In analogia a quanto stava accadendo in pittura, si abbandonava uno stile legato a modelli di riferimento naturali per passare a forme olfattive ed estetiche innovative, riconoscibili pure nella confezione geometrica, con una sobria e funzionale etichetta in bianco e nero e un nome che, audacemente, evitava ogni allusione a mondi poetici.
Fu una rivoluzione: grazie alle aldeidi cominciò un periodo di predominio delle fragranze astratte, il cui stile toccò nuove vette con Arpege (1927) e Je Reviens (1932). Anche nei nomi era chiara l’influenza del modernismo del periodo: Amour amour (1928) o Shocking (1937) sembrano ironizzare sulla tradizione romantica, così come Rumeur (1932), En avion (1930) o Vol de Nuit (1933) appaiono influenzati dalla nuova estetica delle macchine e dell’aviazione. Successivamente, durante gli anni della seconda guerra mondiale e nel dopoguerra convissero vari stili, astratti e più tradizionali.
“PROFUMI Di GUERRA” TRA NEW YORK E PARIGI
Dopo il 1950 accadde però qualcosa negli Stati Uniti. Fino ad allora le donne americane dell’alta società compravano e usavano profumi francesi, mentre l’industria locale serviva unicamente il mercato di prodotti di classe medio-bassa, tramite compagnie di vendite porta a porta. La seconda guerra mondiale aveva portato all’arruolamento di un vasto numero di giovani americani, diminuendo di conseguenza la loro occupazione nel mondo della produzione: il sesso femminile fece allora un massiccio ingresso nel mondo del lavoro. Per queste donne, che stavano tutto il giorno fuori casa e che si muovevano dinamicamente nella società, il profumo non rappresentava più solo un lusso per un consumo occasionale, ma un oggetto di uso quotidiano. Emersero altre esigenze rispetto a quelle delle donne europee: il profumo doveva essere sufficientemente intenso e tenace per resistere a un’intera giornata lavorativa. Nasceva così Youth Dew (1952) che, invece di consistere in un 10-20% di essenze disperse in alcol, era composto da un 50% di profumo disciolto in un leggero solvente oleoso da utilizzare nella vasca da bagno: poche gocce erano sufficienti a creare una scia costante per tutto il giorno.
DAGLI ANNI SETTANTA A OGGI
Nei decenni successivi dall’America arrivarono numerose fragranze dirette al segmento di mercato più alto, terreno tradizionalmente parigino. Tra queste Aromatics Elixir (1972) raggiunse un notevole successo anche in Europa, e l’arrivo in America del francese Opium (1977) venne contrastato con l’introduzione in contemporanea del molto simile Cinnabar (1978). Siamo agli anni Settanta, è ormai guerra aperta tra Parigi e New York, tra due modi diversi di intendere la profumazione: la visione “snob” del profumiere francese, artista creatore che vuole anticipare e influenzare i gusti di un pubblico d’élite, e quella americana pratica e pesantemente influenzata dal marketing, che non dà eccessivo peso al prodotto ma che asseconda i bisogni del consumatore medio e il suo stile di vita.
Il trionfo di CK One (1995), dopo numerose profumazioni unisex lanciate senza successo, dimostra come l’innovazione – un profumo leggero e aereo rivolto a una vasta gioventù dal look androgino – possa originare e fare tendenza anche partendo dalla fascia mercato della grande distribuzione.
Se già dagli anni Sessanta tornano in auge profumi ricchi di derivati naturali come ad esempio il patchouly in Gentleman, la tuberosa in Chloé e il sandalo in Samsara, altre tendenze originali compaiono negli anni più recenti.
Una di queste pone l’accento su leggerezza, trasparenza e purezza, piuttosto che sulla ricchezza e intensità della fragranza. Nell’incertezza che domina i nostri tempi, la natura viene vissuta come un possibile rifugio: compaiono riferimenti all’acqua, come in Cool water (1988), o richiami all’ozono, come in Chrome (1996), o ancora agli spazi aperti che evocano distese sconfinate, come in Eternity (1988), Escape (1993), Eau d’Issey (1992) e Dune (1991). Altra tendenza è quella cosiddetta “gustativa”, che richiama a livello inconscio la protezione materna tramite odori alimentari legati all’infanzia: ad esempio vaniglia, caramello o cacao, come in Angel (1992), Tribù (1993) o Mukhallat (2008); frutti rossi come in Delices, Insolence e Black Orchid (tutti del 2006).
Negli anni 2000 si assiste quindi a una profusione di fragranze diverse che puntano sempre più a incontrare le esigenze del consumatore, e il mondo del profumo diventa una vera e propria industria globale. Contemporaneamente si afferma anche un nuovo approccio che, riappropriandosi della tradizione secolare dei grandi maestri profumieri, mira all’unicità di un prodotto realizzato su misura e alla costruzione di un’identità olfattiva ben riconoscibile.