di Silvia Fossati
Perchè partecipare ai congressi? è quello che molti di noi si chiedono, dopo aver passato alcuni giorni in ambienti chiusi, al suono (a volte monotono) della voce dei relatori, magari ritrovandosi poi con un leggero mal di testa..
Ma è solo un pensiero dovuto alla stanchezza che inevitabilmente segue tutte le attività intense della vita. Insieme a un pizzico di soddisfazione. Sì, perché è proprio questo il momento del “marketing” delle relazioni, in cui si offrono conoscenze al pubblico e si stringono nuove relazioni reciprocamente benefiche. È il momento dell’immaginazione, che permette di far affiorare nuove idee, attraverso contatti con persone in gamba e progetti intelligenti.
Non è vero che si impari solo da chi sta “in cattedra”, ovvero dai relatori che si avvicendano sulla pedana del congresso. O meglio, sicuramente il fatto che ci siano delle persone che “insegnano” esponendosi in pubblico è il momento fondamentale dell’apprendimento. Ma come mai si impara sempre di più da una presenza fisica che da un supporto di carta. Come mai, oltre alla lezione scritta, ci vuole una spiegazione di persona? È l’interazione con gli ascoltatori che crea, infatti, il vero insegnamento.
Si dice che “è fondamentale per un insegnante non smettere mai di imparare dagli allievi”: sembra un paradosso, ma non lo è poi così tanto. Il vero sapere nasce infatti dal confronto. Di fronte alla stessa lezione reagiamo ciascuno in modo diverso: basta la parola di un collega che nota un dato particolare a rendere indelebile un concetto che altrimenti andrebbe immediatamente disperso. E questo processo nell’aggiornamento è fondamentale.
Oggi tutti noi siamo travolti da una valanga di informazioni sulla bellezza e sul benessere, provenienti da radio, televisioni, giornali, internet e via dicendo. Cura della pelle, cosmetici, alimentazione, integratori, erboristeria, psicosomatica… È facile dimenticare che in ognuno di questi campi c’è il lavoro di uomini che, con pazienza, hanno aggiunto sapere su sapere fino a giungere alle conoscenze attuali. Anche dietro agli oggetti di uso più comune, come ad esempio il cellulare, si nascondono idee guadagnate dopo un lungo cammino. Dietro allo schermo a cristalli liquidi, ad esempio, non c’è solo l’azienda che lo produce ma il pensiero di uno scienziato che, comunicando ad altri le sue scoperte, ne ha permesso l’utilizzo. È bello e importante ricordarlo, visto che la fatica di pochi può diventare con il tempo una ricchezza per tutti.
Ma come si trasmettono queste informazioni? Oggi che la cosmetica – come tutto il settore del benessere – è diventata una vera e propria scienza, bisogna ricordare che dietro ad un congresso scientifico stanno alcuni principi fondamentali.
Innanzitutto la conoscenza è pubblica: i risultati delle ricerche vengono pubblicati su riviste apposite controllate da esperti. C’è libertà di scambio di informazioni; c’è la responsabilità per l’attendibilità delle informazioni. La scienza è indipendente da razza, colore o credo, ed è essenzialmente internazionale. È (o dovrebbe essere) indipendente dal profitto personale e da convenienze. L’originalità necessaria al continuo progresso richiede che ogni ricerca sia nuova. E c’è libertà per ogni individuo di esprimere dei dubbi: la verità arriva dall’analisi critica dei fatti osservati.
L’osservazione è infatti la regola fondamentale nel mondo del sapere. La sperimentazione spesso prende il via solo per il fatto di aver notato alcuni particolari interessanti. Tutta la ricerca consiste in una serie di osservazioni ordinate: non per nulla la scienza si è sempre nutrita di individui curiosi del mondo che li circonda. A volte per arrivare alla grande scoperta è bastata “una mela caduta in testa”; a volte invece non è stato così semplice: bisogna dare infatti un senso, un’interpretazione a ciò che si vede. Ed è il confronto con le altre persone a permetterlo. Si formulano così più facilmente delle ipotesi, cioè delle supposizioni
Nel pensiero greco classico per ipotesi si intendevano delle frasi contenenti affermazioni non provate, usate come premessa di un discorso. Per Platone ogni ragionamento doveva necessariamente muovere da ipotesi, quindi il buon ragionatore si distingueva solo per la sua capacità di scegliere le più “forti”. Aristotele, al contrario, considerava gli argomenti fondati su ipotesi come un ripiego rispetto a quelli veramente rigorosi, che poggiano solo su certezze e su definizioni precise. È nel Seicento che le prime riflessioni sulle scienze della natura portarono l’idea che le ipotesi indicassero la presunta causa di ciò che si osservava; già allora comunque si raccomandava cautela e si ricordava di dubitare costantemente: è meglio rinunciare a indicare le ipotetiche cause dei fenomeni osservabili, a meno che non saltino fuori in modo chiaro e inequivocabile dei fatti.
Le supposizioni infatti fanno da ponte tra il conosciuto e lo sconosciuto, tra il passato e le future osservazioni previste. Sono un tentativo di spiegazione dei fenomeni naturali. Sono interpretazioni, sono attimi creativi che tendono ad essere influenzati dal pensiero del proprio tempo. Il cammino dell’uomo non procede solo per paziente accumulo di osservazioni: le svolte fondamentali sono dovute – anzi – a improvvisi mutamenti di rotta, a veri e propri “lampi di genio”. Così, a volte, ipotesi fantasiose e ricche di inventiva hanno dato contributi rilevanti al progresso umano.
Oggi la si pensa invece più o meno così: i risultati sperimentali non provano le ipotesi, possono al massimo confermarle.
C’è consapevolezza del carattere provvisorio della conoscenza scientifica: un’idea può essere accettata solo fino a che l’ipotesi continua ad essere confermata. Quindi l’ipotesi è per sempre aperta alla sua negazione. Ne consegue che la scienza è costituzionalmente precaria e incerta: nessuna generalizzazione, conclusione o affermazione è da considerarsi immutabile. Il filosofo Karl Popper arrivò a dire, in apparenza paradossalmente, che la sorgente fondamentale del sapere scientifico non consiste nel confermare le anticipazioni tramite l’esperimento ma nel dimostrarne la falsità. Una teoria o ipotesi scientifica possiede infatti l’importante caratteristica di essere soggetta a sperimentazioni che possono dimostrare molto più facilmente che questa sia falsa, piuttosto che vera!
Da inizio Novecento a oggi importanti scoperte hanno distrutto l’immagine di un sapere scientifico oggettivo e immodificabile, offrendo argomenti suggestivi a favore della natura effimera di tutte le ipotesi e del permanente carattere di incertezza delle affermazioni scientifiche. La superiorità critica dell’uomo sta proprio nell’accettare tutte le conseguenze di questo fatto, sempre lottando a favore di una società migliore.
I momenti di raduno servono proprio a socializzare, per non scambiare il rigore del lavorare bene con la rigidità, che è l’incapacità di adattarsi in modo flessibile alle cose. Importante è comunque non confondere la serietà, che è un valore legato alla consapevolezza e alla responsabilità, in senso stimolante e positivo, con la seriosità, che è un atteggiamento pesante e grave, spesso fatto solo di apparenza più che di contenuto. Si può lavorare seriamente pur essendo allegri, spiritosi e – perché no? – anche simpatici. E scientifici.