Di Mike Maric
Niente di nuovo, tutto da scoprire.
Che la si chiami meditazione o mindfulness, questa pratica richiede al soggetto di prestare attenzione alle sensazioni, positive o negative, che provengono dall’esterno e dall’interno del proprio corpo con l’obiettivo di raggiungere uno stato di “consapevolezza non reattiva”: riuscire cioè a percepire e accogliere tutto ciò che avviene nel momento presente, senza attivare giudizi o reazioni. Insomma, vivere il qui e ora senza pensare a ieri e soprattutto a quello che devo fare subito dopo, o domani o, ancora peggio, tra un mese. Si tratta di una modalità per entrare in contatto intimo e profondo con noi e la nostra vita, aiutandoci a modificare quelle reazioni automatiche che causano sofferenza e stress. Il primo risultato è che l’affollamento dei nostri pensieri, la cosiddetta “ruminazione”, cioè l’abitudine a pensare e ripensare allo stesso problema in continuazione nel tentativo di trovare una soluzione, fanno spazio al silenzio.
Il respiro, elemento chiave della meditazione
Da secoli la meditazione e tecniche di respirazione come il pranayama sono praticate nelle culture orientali, ma solo recentemente la scienza ne ha individuato le basi neurofisiologiche. In particolare, i ricercatori del Global Brain Health Institute presso il Trinity College di Dublino hanno mostrato che respirare modifica direttamente i livelli della noradrenalina, l’ormone che viene rilasciato quando siamo di fronte a una sfida, quando siamo curiosi, emotivamente coinvolti oppure concentrati, e che, se prodotto nelle giuste quantità, aiuta il cervello a crescere e creare nuove connessioni. Il controllo della respirazione dunque agisce direttamente sulla chimica del nostro cervello in modo da stimolarlo e promuoverne la salute. Lo studio ha evidenziato che le persone che dovevano svolgere un compito particolarmente impegnativo mostravano una sincronizzazione migliore tra i respiri e l’attenzione rispetto a persone sottoposte a compiti meno o poco impegnativi. Ulteriori ricerche potrebbero aiutare a sviluppare terapie non farmacologiche per le persone affette da disturbo dell’attenzione come l’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) e per coloro che risultano affetti da lesioni traumatiche al cervello.
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Una pratica a basso costo ed elevata efficacia
Inoltre sono ormai noti i potenziali effetti benefici che la meditazione può avere nella prevenzione del rischio cardiovascolare, come hanno confermato gli esperti dell’American Heart Association. La meditazione non solo è una pratica a basso costo e basso rischio, ma ha dato prova di agire anche a livello cerebrale, sulla risposta fisiologica allo stress, la riduzione della pressione e dell’infiammazione, la resistenza all’insulina e la sindrome metabolica, sulla salute delle pareti interne dei vasi sanguigni e sulla riduzione del rischio di ischemia, e ha benefici effetti su chi smette di fumare. Negli Stati Uniti vengono addirittura condotte sessioni di meditazione nei reparti oncologici. Dopo la “consacrazione”, nel 2014, da parte della prestigiosa rivista di divulgazione scientifica Scientific American, la “mindfulness” – una delle tre forme di meditazione analizzate dagli autori (tra loro c’era anche un monaco buddhista) – si sta diffondendo largamente proprio negli USA, dove da un paio d’anni si parla di mindful revolution, e viene utilizzata nelle scuole, nelle aziende e più in generale tra la popolazione alla ricerca di un antidoto ai ritmi frenetici della vita attuale.
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Nello sport, le ricerche degli ultimi anni dimostrano come vi sia un peggioramento della performance a seguito di un affaticamento mentale, e questo anche negli sport di squadra. Allenarsi senza distrazioni esterne sembra essere la soluzione migliore per massimizzare l’allenamento stesso e soprattutto il recupero rappresenta una delle parti più importanti della prestazione, con un accorciamento dei tempi e quindi un ripristino precoce delle capacità dell’atleta. La meditazione è ormai parte integrante di molte arti marziali da secoli proprio perché può essere utilizzata per generare uno stato di massima concentrazione unito a una profonda calma. Imparare a meditare permette di cambiare in maniera molto concreta la qualità della propria vita e non solo di diventare più calmi e rilassati ma anche più efficaci nell’usare le risorse del cervello. Il metodo che ho elaborato (Mindness) comprende tutti questi vantaggi, con un pregio in più: ne bastano pochi minuti al giorno. Non è necessario praticare per ore; sessioni da 5 a 10 minuti circa, magari ripetute due volte durante la giornata, sono più che sufficienti per cambiare lo stato del cervello e la funzionalità dello stesso. In cosa consiste il cambiamento? Se la vostra attività cerebrale venisse monitorata tramite un encefalogramma, si vedrebbe che passa da una prevalenza di onde beta, tipica espressione di una normale funzionalità cerebrale, a una maggiore espressione di onde alfa, che rappresentano una calma focalizzata, fino alle onde theta, tipiche di uno stato di meditazione profonda e di pace. Questi cambiamenti dello stato cerebrale determinano cambiamenti permanenti nel cervello, incrementandone la capacità di riprodurre determinate condizioni anche quando non sta facendo un esercizio in particolare. Un po’ come accade a chi si allena regolarmente in palestra: sulla lunga distanza si ha un cambiamento permanente del corpo, cioè diventa più forte o robusto anche quando non si sta allenando. La Mindness funziona allo stesso modo.