di Silvia Fossati
Lo abbiamo chiesto a Mike Maric, campione mondiale di apnea, allenatore di numeri uno dello sport e autore del libro “la scienza del respiro”
Inspira, espira… Respirare è l’atto che ripetiamo ogni giorno per migliaia e migliaia di volte. La respirazione è l’elemento fondamentale della sopravvivenza umana, ma anche il più sottovalutato. Per questo, prestare maggiore attenzione alla respirazione e imparare a respirare bene significa migliorare la nostra salute e fare un passo fondamentale nel raggiungimento del benessere psicofisico.
L’essere umano nasce con una respirazione diaframmatica corretta, fino all’età infantile quando – intorno ai 7 anni – inizia a cambiare. Quali sono le cause di questo cambiamento?
Tutti noi stiamo 9 mesi in apnea, fino alla nascita; dopodiché, con lo sviluppo, perdiamo questa respirazione diaframmatica che ci è congenita. Tutti i genitori, tutte le persone che hanno un piccolo bimbo, sanno che respira “con il pancino”. Crescendo, a causa dello stile di vita, della sedentarietà, di un’alimentazione scorretta o anche per problemi ortognatodontici (ad esempio il cosiddetto “palato stretto”), il bambino tende purtroppo a perdere la respirazione diaframmatica e ad acquisire una respirazione anche orale (si stima che in Italia 1 bambino su 7 è un respiratore orale). Tutto ciò comporta il perdere quei connotati naturali, che però si possono riacquisire con una sana educazione respiratoria.
Perché respirare con il diaframma è fondamentale?
Il diaframma è il muscolo più importante della respirazione poiché ne detta il 70% (ma è utilizzato per il 40%). È l’unico muscolo inspiratorio ed espiratorio che è in grado di allargare la gabbia toracica nei tre volumi. La sua funzione è molto importante poiché più questo muscolo è allenato, più noi riusciamo a mobilizzare aria: per ogni centimetro di elasticità acquisita di questo muscolo noi siamo in grado di mobilizzare circa 250 cc di aria, e con un diaframma elastico riusciamo a ridurre il volume residuo. Il volume residuo è quel quantitativo di aria normalmente ferma, cioè che non partecipa agli scambi gassosi (tra ossigeno e anidride carbonica); quindi più volume residuo riduciamo, più aria partecipa agli scambi gassosi e più c’è permeabilità di ossigeno. Ciò è utile sotto diversi aspetti: a livello energetico, di metabolismo dei nutrienti e di ossigenazione dei tessuti.
Altro aspetto importante è che il diaframma è collegato dal punto di vista anatomico alle vertebre lombari, quindi ha un coinvolgimento molto importante sulla postura. Ad oggi addirittura è stato dimostrato come il primo percorso di trattamento delle problematiche del mal di schiena è attraverso le tecniche di respirazione e attraverso un utilizzo consapevole del diaframma, perché il diaframma ha un’azione di allontanamento dei dischi vertebrali e quindi agisce sulla muscolatura lombare e paralombare.
Il terzo aspetto fondamentale riguarda la gestione delle emozioni. Il diaframma – considerato il terzo chakra secondo i dogmi della filosofia yogica – ha infatti delle connessioni con il nervo vago e quindi ha delle referenze sul sistema orto e para simpatico. L’inspirazione ed espirazione diaframmatica agiscono su tale sistema, quindi modulare il respiro con il diaframma vuol dire anche sapersi rilassare, attenuando fatica e stress.
Respirazione e stress si influenzano quindi vicendevolmente?
La respirazione è una cartina tornasole dello stato di stress. Un soggetto in condizioni normali ha circa 14 atti respiratori al minuto, un soggetto stressato mediamente va agli opposti: passa molto tempo in apnea o addirittura va in iperventilazione, cioè ha una respirazione corta, con atti respiratori brevi e frequenti (siamo nell’ordine dei 25/30 atti respiratori al minuto) e di tipo toracico. Nel 2017, sulla rivista Science – che è la rivista più importante di divulgazione scientifica – è stato pubblicato un articolo in cui si riporta che la respirazione consapevole modula gli stati di stress, l’arousal positivo e l’eccitazione a livello del sistema nervoso centrale. Quindi non più solo a livello di sistema parasimpatico ma addirittura a livello centrale, lo stress è correlato con il respiro e il respiro è correlato con lo stress. È una scoperta fantastica: possiamo rimodulare la nostra alterazione biochimica attraverso il respiro.
In che modo?
L’atto respiratorio è un atto inconsapevole su cui si può intervenire volontariamente. Un esempio pratico: quando siamo molto concentrati, magari leggendo un testo che ci interessa molto, noi andiamo in apnea. Quindi siamo in grado di interrompere il respiro in maniera volontaria… ma allo stesso modo lo possiamo anche regolare. La vera presa di coscienza avviene quando siamo consapevoli del nostro respiro e, nel momento del bisogno, riusciamo a modularlo inserendo delle variazioni di lunghezza dell’atto respiratorio che ci permettono di trovare la nostra fisiologia. Ad esempio, allungando la fase espiratoria noi induciamo il rilassamento. Questa è una cosa che facciamo in automatico, quando magari ci immergiamo in una vasca di acqua calda; in altre situazioni invece non sappiamo metterlo in pratica ma, attraverso una presa di coscienza, e quindi rendendo il nostro respiro consapevole, possiamo modularlo in un certo modo e di conseguenza ottenere degli effetti anche sulla frequenza cardiaca e sulla pressione.
Come si può inserire l’intervento dell’estetista in questo contesto?
Innanzitutto, rendendo le persone consapevoli della respirazione! e dei vantaggi della respirazione attraverso un utilizzo consapevole del diaframma. A mio avviso l’estetista può rappresentare un punto di connessione tra l’ambito medico e i pazienti/ clienti nella vita di tutti i giorni. Chi vuole dedicarsi del tempo dall’estetista vuole prendersi cura di se stesso e del proprio benessere; e, nella piramide del benessere, il supporto legato alla respirazione rappresenta il primo fondamento. Ritengo oggi possiamo affermare che “siamo come respiriamo”, non solo “come mangiamo”, per cui la respirazione è sicuramente una chiave di volta che sarà sempre più presente anche nell’ambito dell’estetica professionale.
Quali pratiche si possono mettere in atto in cabina?
Il primo step riguarda sicuramente l’accoglienza del cliente. Sembra banale ma anche il semplice offrire un bicchiere d’acqua, “imponendolo” all’inizio di un trattamento, trasmette un messaggio di benessere: l’idratazione veicola ossigeno, è quindi uno step importante per detossificare il corpo, anche ai fini di un risultato estetico. Anche il momento in cui si fa adagiare il cliente sul lettino va ottimizzato: l’estetista deve conoscere i metodi per sdraiare correttamente la persona, in modo tale che il bacino sia in posizione neutra e il collo in una determinata posizione di anteroversione per scaricare la colonna vertebrale. Altrettanto importante è il congedo, ovvero come far alzare il cliente dal lettino: mai repentinamente, ma ruotando la persona in posizione laterale e con l’aiuto delle mani piano piano portandola in posizione seduta e poi eretta. Questi semplici accorgimenti non sono validi supporti solo in presenza di problemi di mal di schiena o ipotensione, ma sono anche un modo piacevole per fare prevenzione.
Durante il trattamento estetico, la respirazione ha un ruolo importantissimo: il 70% dei nostri cataboliti viene infatti eliminato attraverso il respiro (il restante 30% attraverso il sudore, urina e feci). Posizionare il cliente con il palmo delle mano ruotato verso l’alto ruotare porta a un’apertura clavicolare: anche questo è un importante messaggio di benessere, considerando che oggi la maggior parte di noi ha le spalle chiuse in avanti con atteggiamento cifotico, per sedentarietà e stile di vita e perché passiamo tante ore al cellulare (e quindi rivolti verso il basso). L’estetista appoggerà poi le mani sulle spalle del cliente e lo inviterà a rilassare le spalle per sentire che piano piano le scapole si adagiano sul lettino. Una modalità operativa piacevole e rilassante consiste nell’insegnare al cliente a respirare “di pancia”. L’estetista posiziona le mani del cliente una sul torace e una sull’addome, poi vi appoggia sopra le sue e, in maniera delicata, lo aiuta nel respiro tenendo una leggera pressione sul torace e massaggiando la pancia. Se poi c’è un rapporto di intimità professionale, sarà l’estetista a posizionare le sue mani (una sul petto e una sull’addome) per entrare in una sorta di connessione del respiro: il cliente inspira e l’estetista facilita il gonfiore della pancia, durante l’espirazione invece massaggia creando un leggera pressione verso l’intestino in modo tale che il cliente assecondi il movimento respiratorio. Si arriva quindi a indurre e consigliare un ritmo respiratorio, cercando di allungare il respiro nella sua fase espiratoria (favorendo così il rilassamento).
E da qui si apre un’immensità di tecniche respiratorie, che affronteremo nei prossimi numeri di Esthetitaly.